Silence, Redemption and Sexuality underground

In prigione dopo il fallimento in Corea...

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    Riprende da qui

    File N°104 dell'archivio Irregulars:
    Nome in codice://



    A.S.

    Il soggetto, dopo aver ignorato palesemente le provocazioni dei compagni, si lascia andare a scatti di ira furiosi ed incontrollati mischiati a note di evidente sadismo.
    Il danno psicologico riportato dal soggetto pare esteso e la diagnosi é impossibile da effettuarsi a causa del trauma facciale riportato dall'attuale dottore in carico all'interno dell'infermeria del complesso A.
    Alle ore 23:00 del 06/12/2307 il soggetto A.S. é stato rinchiuso per molestie ed aggravanti condizioni di incitamento alla rissa, nonché per il tentato abuso di alcolici ed il grave ferimento del medico della base.
    Ora tale soggetto si trova all'interno della zona detentiva, nella cella numero 4 del primo complesso, sotto diretto ordine del comandante.
    Il tentativo di fuga pare escluso, ma la sorveglianza é stata fatta passare da livello 5 a livello 4 per sicurezza.
    Dal soggetto ci si può aspettare di tutto, risulta, ad oggi, estremamente instabile.


    Sergente Scott Robertson
    -
    Primo sottufficiale in comando della zona detentiva



    Ore: 4:35 am
    Data: 7/12/2307


    Prigioni, la zona posta all'interno del primo livello sotterraneo della base per la difesa terrestre.
    Il gruppo di detenuti composto da Asher, Rufus, Stefano e Shouji era lì giunto scortato da una coppia di guardie armate: una davanti - al fianco sinistro di Asher - ed una dietro a chiudere la fila.
    Il tutto mediante un ascensore adeguatamente preposto come mezzo di transizione tra la superficie ed il livello inferiore, ma a loro - ovviamente - non importava nulla di tale amenità tecnologica...
    Il complesso era sterile e quasi nuovo - probabilmente ristrutturato e lustrato di recente - e tutti, nel più totale silenzio, giunsero di fronte al piccolo ufficio posto prima delle celle.
    Più che un vero e proprio ufficio rassomigliava ad una scrivania in legno marrone con telefono cordless e terminale elettronico per l'archiviazione dati, lì seduto stava un personaggio anonimo vestito di tutto punto esattamente come i militari che trasportavano gli ex-membri della squadra India: divisa nero antracite, mostrine da sergente e visore di colore grigio dotato di una lente unica e nera a celare la già di per sé espressione priva di particolari distintivi.

    - Detenuti Asher, Rebessi, Yagami ed Ikari a rapporto signore! -

    Disse la guardia posizionata sulla sinistra di Asher, che in quel momento capeggiava la fila, attirando di conseguenza l'attenzione dell'evidente caposezione del reparto detentivo.

    - R-riposo -

    Pareva distratto nel trascrivere qualcosa attraverso il terminale elettronico che si trovava sulla sinistra della scrivania, ma era impossibile anche solo leggere - causa lo schermo a cristalli liquidi - di cosa si trattasse.
    Successivamente l'omino si voltò leggermente sulla propria destra, rivolgendosi così verso il gruppo, per poi alzarsi e raggirare sulla sinistra dei detenuti il tavolo dietro al quale stava, camminando sucessivamente a passo deciso e cadenzato - ed un poco impacciato - verso i suoi nuovi "ospiti", ed in seguito far notare che il suo evidente balbettio non era un problema dovuto all'essere stato sorpreso durante il lavoro.

    - S-sono stato avvertito dell'arrivo della squadra India.
    F-fateli avanzare, devo prendere le loro generalità mediante strumenti analogici -


    Rufus, Asher e Stefano rimasero perfettamente impassibili.
    Anche se a dire il vero Rufus dava segni di essere più allibito che altro, mentre Stefano pareva quello più scocciato e deluso.
    L'ex-comandante della squadra, il tenente Chronicle, diede una rapida occhiata al ragazzino che era dietro a tutti, in coda alla fila, quello contro al quale il sottotenente Rebessi si era così tanto accanito.
    Come avrebbe reagito a questa nuova prova a cui sarebbe stato sottoposto?
    Ed improvvisamente...

    - N-Nome? -

    Disse il capo sezione rivolto proprio ad Asher.
    Lui si voltò di conseguenza guardandolo attraverso la feritoia del proprio passamontagna beige - che si era momentaneamente rimesso per il proprio problema legato alle polveri sottili - con sguardo smeraldino e sottile, per poi rispondere seccatamente.

    - Asher Chronicle -

    La sua risposta era dura e professionale come al solito.
    Il caposezione di conseguenza proseguì...

    - G-Grado? -

    E l'ex-capo-squadra di seguito...

    - Tenente... -

    ...e così via per tutti gli altri suoi compagni, fintanto che non fu il turno di Shouji.

    - E-E lei? N-Nome, grado ed unità pilotata prego. -

    Straordinario come certe consuetudini permanessero negli anni. Archiviare in carta certe pratiche era una contromisura contro i sistemi di hacking e contro lo spionaggio militare, una delle tante misure di sicurezza in adozione presso gli eserciti più comuni.
    Ed ora a passare in rassegna sarebbe stato l'ultimo del gruppo.
    Era tempo di mettersi in gioco, ed a giocare sarebbe stato il povero Shouji.

    SPOILER (click to view)
    Game MasterNote:
    Piccola scena introduttiva in cui Shinji può dire quello che vuole prima di rispondere alle domande del capo sezione. Dopodiché si procederà ad oltranza all'interno di questo topic.
    Buon divertimento e scusa l'immenso ritardo, spero che ti divertirai!


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  2. Shinji Kakaroth
     
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    *Silenziosi, come un corteo funebre, si diressero all'area di detenzione.
    Shouji non aveva mai visitato questa zona prima d'ora e non aveva idea di cosa aspettarsi, ma alla fine dei conti l'area era più pulita di quanto s'immaginasse.
    L'aria cupa aleggiava più sul suo gruppo che non nell'ambiente circostante.
    Sconfitti, spezzati e ora puniti per le proprie inadempienze.
    Come Team avevano fallito.
    Come militari avevano fallito.
    Come persone avevano fallito.

    L'animo del ragazzo, ormai più leggero dall'ammissione delle proprie colpe, aveva preso a vagare, mentre lo sguardo era perso nel vuoto, per non doversi concentrare sul proprio corpo infestato dal dolore.
    Ormai gli anti-dolorifici avevano quasi totalmente perso effetto e sentiva il corpo come un enorme fascio di muscoli doloranti.
    C'era come una lancia infilzata nella sua testa, o almeno questa era la sensazione che la ferita gli dava, un dolore fisso e persistente.

    Quando arrivarono di fronte al piccolo ufficio della guardia carceraria gli dolevano terribilmente i piedi nudi, con i quali aveva camminato fino a quel momento. Non ricordava bene di quando si fosse svegliato, se avesse preso le scarpe o meno, quindi preferiva soffrire in silenzio, senza dare alle altre persone ulteriori motivi per detestarlo e sgridarlo.
    Non vedeva l'ora di gettarsi sulla branda a riposare.

    Era ancora sovrappensiero e quando la guardia preposta gli rivolse la parola, sussultò.*

    - E-E lei? N-Nome, grado ed unità pilotata prego. -

    - Shouji Ikari, Sergente, pilota dell'Evangelion 01. -

    * Rispose sotto tono, nel tipico linguaggio formale militare, stretto e stringato, cercando di abbreviare l'agonia dell'attesa il più possibile.
    Non voleva fare altro che riposare e dimenticare.
    Dimenticare il dolore, dimenticare tutto quello che era successo.
    Dimenticare... *
     
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    Il caposezione registrò ogni dato all'interno dei propri incartamenti.
    La procedura fu assai breve in verità e non impiegò molto tempo, vuoi perché il tempo pareva dilatarsi, vuoi perché il sottufficiale sembrava un fulmine nella scrittura.
    Recuperati i dati, l'uomo si portò nuovamente davanti al gruppo di detenuti.

    - B-Bene, adesso vi scorterò in cella. -

    Il tono del capo-sezione - che sembrava essere approssimativamente sui venticinque anni - sembrava tradire una certa sorpresa, come se fosse stato strano avere altri detenuti proprio a quell'ora e proprio in quella giornata.
    Un'impressione che coinvolse tutti i presenti, lasciandoli leggermente straniti e confusi.
    L'uomo prese poi a percorrere il lungo corridoio che si dipanava alla destra del gruppo che, svoltato l'angolo, si ritrovò immerso all'interno di un lungo lastricato di marmo a fare da pavimento, contornato ai lati da ferree sbarre separate di tanto in tanto da delle porzioni di parete bianca, come bianco del resto era anche il soffitto.

    La stranezza fu che d'un tratto, proprio mentre il gruppo stava per essere fatto entrare all'interno di una cella, la numero 3 della zona detentiva (rispettivamente posta sul lato destro del corridoio), una voce sprezzante - e carica di una certa punta di sarcasmo - proruppe nell'aria sferzandola come la lama di un rasoio...
    mentre una strana musica prese a volare nell'aria rimbombando tra le pareti.



    - Ehi Scotty! Cosa abbiamo qui? Altre interferenze radio? Oppure un gruppo di vulcaniani ammutinati...
    e sovversivi? -


    Era una donna.
    Non fu subito distinguibile in volto ma era alta, snella, con muscoli estremamente ben allenati e definiti.
    Aveva i capelli color amaranto, ciuffosi e resi lucenti probabilmente dal sudore; era aggrappata ad una sbarra di metallo quasi attaccata al soffitto della cella, e si tirava su lentamente, e ritmicamente, facendo fuoriuscire l'aria dai polmoni espirando una volta raggiunto l'apice di elevazione.
    Allenava i bicipiti, probabilmente.
    Era vestita con una tuta di volo arancioneggiante monopezzo, la cui parte superiore ricadeva legata in vita lasciando scoperto il torso.
    Aveva un seno molto abbondante, probabilmente una quarta, vestito assieme alla maggior parte del petto da un top nero antracite estremamente attillato e reso leggermente umido e definito dal sudore.
    La sua pelle era tesa e leggermente brunita, imperlata da microscopiche goccioline d'acqua.
    Una di queste, mentre i presenti presero a fissarla attirati dalla sua calda voce, scese pericolosamente nel suo ombelico, disegnando sensualmente i suoi addominali scolpiti e tesi dagli allenamenti, per poi fuoriuscire dal suo nascondiglio momentaneo e percorrere il resto del ventre andando a nascondersi nelle pieghe del resto della tuta, al di là degli occhi catturati dei presenti.
    Nella parte più vestita e nascosta di sé.
    Dopodiché, elevatasi per l'ennesima volta, osservò il gruppo, lasciandosi andare al suolo slegando le mani dalla sbarra metallica alla quale era aggrappata.
    Il metallo scuro del pavimento della cella fece un sordo rumore una volta che fu a terra.
    Era dannatamente bella.

    image

    - Ma tu guarda che bel gruppetto di soldatini! -

    Un ghigno maliardo le disegnava in viso un'espressione maliziosa e sfacciata, i suoi capelli - amarantini e selvaggi - sembravano rendere omaggio alla fiamma che quella donna pareva saper accendere in ogni uomo.
    Sull'occhio sinistro una benda scura, nera come la notte, mentre il suo unico occhio si stringeva, assumendo un'aria curiosa e sbarazzina, mentre le mani giungevano ai fianchi come ad attendere la risposta del carceriere, che non si fece aspettare.

    - P-Piantala Saber... N-Non voglio sentire altro... -

    Alla risposta stizzita del caposezione il gruppo venne spintonato in cella, mentre le guardie - leggermente attirate dalle curve pericolose della donna posizionata nella cella di fronte - fecero fatica ad andarsene, spintonate leggermente dal capo-settore, che - a quanto pareva - sembrava chiamarsi Scott.
    La donna, per contro, inarcò entrambe le sopracciglia in segno di evidente sorpresa, come ad evidenziare la crudeltà dell'affermazione dell'uomo che l'aveva ripresa...

    - Eddaaaaaai! Non essere così scontroso! -

    Poi assumendo un'aria leggermente offesa si aggrappò alle sbarre guardando nuovamente il gruppo, sopratutto il ragazzino che sembrava ferito ben bene come ad esser appena stato investito da un auto.
    Il carceriere se ne andò lasciando da soli i detenuti e la donna, sparendo nel corridoio diretto verso l'ingresso...

    - Salve ragazzi! -

    Disse la rossa rivolta verso Rufus, Asher e Stefano.
    Rufus aveva gli occhi sgranati e la bocca spalancata, sembrava una pera cotta...
    Stefano la guardava seriamente, per poi sospirare e sedersi in branda, in fondo alla cella senza rispondere.
    Asher, che aveva fatto cadere l'occhio sull'abbondanza delle forme pettorali della donna, distolse lo sguardo immediatamente, massaggiandosi il naso arrossendo vistosamente al di sotto del passamontagna. Era davvero stanco se si lasciava turbare da una cosa del genere... ma anche lui - come Stefano - non rispose, si lasciò semplicemente andare al suolo attaccato con la schiena al lato destro della cella, proprio prima di Rufus, che sembrava quello più attratto dalla prospettiva di condividere la detenzione con qualcuno.

    Poi la rossa tutto pepe rivolse il suo unico occhio azzurro come l'acqua al giovane pilota dello 01.
    E con un occhiolino ammiccante ed un'espressione tenera, ma anche volutamente sexy, strinse le braccia attorno alla vita dando così risalto al seno abbondante, quasi a farlo vedere al piccolo Shouji, per poi lasciarsi andare ad un commento rivolto verso di lui.

    - Ciao bel bambino! Non ti va di passare da questa parte... -

    E con la destra si carezzò sotto la coppa del seno sinistro...

    - ...delle sbarre? -

    Nemmeno Asher riuscì a rimanere impassibile alla proposta della donna...
    e sopratutto al suo gesto.
    Il tenente scoppiò in un attacco di tosse che coinvolse anche gli altri due membri del gruppo che per poco non ci restarono secchi.
    Che avrebbe risposto il piccolo Shouji?
    Lo sguardo della donna si strinse, illuminandosi per un istante di una luce diversa, più... seria.
    Un'impressione che sparì immediatamente, quando "l'oneechan" che gli stava di fronte lo guardò nuovamente, dall'alto del suo metro e settantacinque con un sorriso sagace,
    colmo di sensuale e quantomai inaspettata audacia.

    SPOILER (click to view)
    Game MasterNote:
    Eccoci qui. Scusa il tremendo ritardo ma finalmente eccoti il post che tanto aspettavi, continueremo piuttosto velocemente (compatibilmente con i miei tempi) quindi sentiti libero di rispondere quando preferisci.



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  4. Shinji Kakaroth
     
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    *Il breve corridoio chiaro sembrava non finire mai, nonostante fosse lungo solo qualche decina di metri, ma ogni passo che era costretto a fare, risultava in uno sforzo enorme, mentre il dolore continuava ad aumentare lievemente, come un gatto che pian piano dal suo nascondiglio ti si infila sotto le lenzuola, in cerca di calore.*

    §Ancora un passo e tutto finirà.§

    *Continuava a ripeterlo passo dopo passo, come un mantra che potesse distogliere la sua concentrazione dal dolore che stava prendendo piede. Sopportando stoicamente.
    Quella era la sua punizione. Aveva sbagliato e meritava di essere punito, di venire incarcerato, di soffrire. Quella sofferenza l'avrebbe portato all'espiazione e si stava lentamente autoconvincendo che lo avrebbe persino mondato le sue colpe.*

    §Ancora un passo e tutto finirà.§

    *Mentre continuava quel breve calvario si sentì una musica riempire l'aria.
    Era calda, una melodia un po' nostalgica su cui di certo passare del tempo in tarda serata con un bicchierino di tequila.
    Alla sua destra un altro detenuto si stava allenando ad una sbarra.
    Era palesemente una donna, dalle forme splendide, i muscoli scolpiti tipici delle donne che sono entrate nell'esercito. I capelli erano di un colore strano, una gradazione di rosso scuro tendente al color prugna.*

    §Ancora un passo e tutto finirà.§

    *Il sudore rendeva ancor più splendida e accattivante la sua figura, assieme all'espressione maliziosa e alle parole un po' di scherno lanciate con audacia al carceriere.
    La cosa che però colpì maggiormente il ragazzo non era il suo corpo, la sua voce o il suo modo di fare, ma la furbizia nascosta nell'occhio azzurro che squadrava i nuovi detenuti.*

    §Ancora un passo e tutto finirà...§

    *Tremò per un attimo, prima che la guardia che chiudeva la fila lo facesse entrare, per poi chiudere le sbarre una volta entrato e posto i suoi piedi scalzi sul freddo pavimento metallico scuro, freddo quasi quanto quello bianco di marmo del corridoio.*

    §Ancora un passo e tutto finirà!§

    *Finalmente era arrivato. Il dolore stava superando il suo limite di sopportazione.*

    CITAZIONE (ryuvegea @ 26/4/2011, 14:01) 
    - Ciao bel bambino! Non ti va di passare da questa parte... -

    E con la destra si carezzò sotto la coppa del seno sinistro...

    - ...delle sbarre? -

    *Era di spalle rispetto all'altra prigioniera, appena entrato nella sua cella, quasi fermo sulla soglia. Sospeso tra un sollievo dell'anima e il dolore fisico.
    Sentendosi apostrofare si voltò.
    Il viso della giovane donna attraverso le sbarre. Era nella loro stessa situazione eppure sembrava proprio che non le importasse della cosa.
    L'occhio destro della ragazza azzurro, l'altro coperto da una benda.
    Il suo occhio destro azzurro fisso in quello della ragazza, l'altro coperto dalla fasciatura.
    Ormai era tanto intontito che non fece neppure caso a quello che la ragazza gli aveva appena detto e per qualche istante, che gli sembrò prolungarsi all'infinito continuò a fissare il suo sguardo un po' triste in quell'occhio meraviglioso, quasi sperando di rispecchiarsi all'interno di quell'iride color cielo.
    Sapeva che l'occhio era considerato anticamente lo specchio dell'anima, che da esso si poteva realmente capire chi fosse una persona. Persino nella psicologia moderna veniva tenuta molto in considerazione la posizione dell'occhio e il battere delle ciglia per capire lo stato d'animo di una persona, se si trova a suo agio o meno, se sta mentendo o prova sensi di colpa.
    Non era proprio quello che stava cercando in quel momento, ma solo di focalizzare i pensieri su qualcosa che non fosse il dolore.
    Poi un mancamento sembrò farlo tentennare.*

    - I-Io... -

    *Il braccio sinistro, ancora dolorante ma l'unico che poteva ancora muovere, si alzò lentamente e con la mano si afferrò saldamente ad una sbarra, cercando di reggersi.
    Sperando che la gelida sbarra sul palmo della mano riuscisse a risvegliarlo da quel formicolio che pian piano stava diventando un'ondata che si sarebbe sparsa come uno tsunami per tutte le sue membra.*

    - ...vor... rei... vo... -

    *Riuscì a balbettare quasi in un rantolo strozzato, senza finire la frase che gli morì in gola, con le labbra che completavano quella frase incomprensibile, mentre lentamente si sentiva squarciare dal dolore e la voce veniva soffocata da quella sensazione atroce.
    La lancia che sentiva puntellargli nella testa ora lo aveva completamente trapassato e non sembrava proprio che gliela potesse sfilare nessuno.
    Lentamente, per il suo metro di percezione, cominciò a crollare sulle ginocchia, lasciando lentamente la presa della sinistra sulle sbarre.
    Mentre cadeva riverso sul fianco sinistro sul pavimento, il suo occhio continuava a fissare quello della ragazza, tra le ombre che gli danzavano attorno e le sbarre che gli passavano davanti, una dopo l'altra, nell'arco della caduta.
    Anche da terra continuava a fissarla, sorridendo, mentre il suo corpo perdeva ogni forza, cercando di sprofondare nell'incoscienza, per non danneggiare ulteriormente la sua salute mentale.
    Aveva ancora un lieve sorriso, mentre l'occhio pian piano si chiudeva.
    Così sarebbe sparito tutto.
    Il rancore dei suoi compagni che l'avevano accusato.
    Il rimorso per aver causato la situazione in cui erano finiti.
    La sofferenza e il dolore.
    Sarebbe finito tutto con quell'ultima immagine.
    Se stesso in caduta sull'occhio di quella ragazza, azzurro proprio come il suo e la sensazione che aveva provato fissandolo.*

    § Io vorrei volare via in un cielo così azzurro. §

    *L'ultimo pensiero, prima che il dolore prendesse completamente possesso dei suoi arti e della sua testa.*

    Felicissimo di riprendere! XD
    Purtroppo al momento Shouji non è in condizione di fare quattro chiacchiere e un po' mi spiace! ^^;;;;
     
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    Il lancinante penetrare del dolore che artigliava i lobi del cervello di Shouji non gli dava tregua.
    Percepiva quella lenta ma inesorabile pressione che lo costringeva in ginocchio.
    Le sue ferite - tutte - tornare a destarsi nella loro condizione dolorante e costringerlo a ciò che sarebbe stato più un sollievo per lui che altro.
    Svenire.
    L'unica cosa che vide prima di perdere i sensi fu qualcuno che con un balzo gli salì addosso...
    Capelli rossi... occhi chiari...
    Un'ombra.
    Poi tutto divenne buio, indistinto, vuoto.

    ...

    Passò il tempo e - ancora stanco - lentamente riaprì gli occhi.

    ...

    Ore: 6:00 am
    Data: 7/12/2307



    Poteva sentire di essere sdraiato.
    Sul morbido... su di una coperta, forse?
    Poté fissare il soffitto ingrigito della cella.
    Le luci erano spente e probabilmente Shouji era ancora nel suo loculo, assieme ai suoi compagni.
    Quando, d'improvviso, poté notare che aveva il capo leggermente rialzato ed appoggiato su qualcosa di morbido, di molto morbido.
    L'attimo dopo si sentì scivolare con la schiena su qualcosa di soffice e scoprì di avere il viso immerso nell'incavo di un seno abbondante, immerso in un connubio di odori che infransero la barriera delle sue narici, quasi stordendolo: sudore... frammisto ad una punta di profumo. Un afrore del tutto maschile, non dissimile da quelle fragranze tipiche degli sportivi, fresche e da un certo punto di vista secche.
    Shouji si sentì abbracciare e qualcosa di fresco - probabilmente una pezza bagnata - gli venne posto sulla fronte...
    quando una mano delicata e femminile - di cui poté notare subito le dita allungate dalle unghie affusolate e splendidamente curate - gli prese la guancia e gli alzò il viso.
    Incontrò nuovamente quel cielo.
    Un unico occhio azzurro splendido.
    Che appena lo vide destarsi si chiuse inarcandosi verso l'alto in un'espressione ingenuamente felice, per poi dar spazio a delle parole sussurrate.

    Art2

    - Ben svegliato principino! -

    Espressione trapelante un certo gaudio, susseguita da una leggera punta di sorpresa.

    - Cavolo... pensavo che non avrebbero dato il ruolo di Kirk1 proprio ad uno piccolino come te. Devi essere parecchio maschio per gettarti nella mischia come un forsennato ed uscirne conciato così! -

    Il pilota dello 01 poté accorgersi solo successivamente che era tra i suoi seni...
    nudi!
    Solo dopo che - ruotandosi verso la sua sinistra - la ragazza lo fece cadere su quello che sembrava essere un materasso mono-piazza.
    La pelle morbida, la loro abbondanza e le sue curve sensuali...
    Il suo odore così forte...
    il tutto mescolato alla sensazione di vivida e malata tenerezza che animava il suo sguardo, ora rapace e mutatosi in qualcosa di assai più simile ad un'espressione esaminatrice severa, più che da perfetta infermierina.
    Poi la ragazza girò il volto sul cuscino, sbuffando visibilmente stanca ed annoiata.

    Art3

    - Uff... I tuoi amici erano proprio una seccatura.
    Solo il rosso sembra avere un po' di carattere...
    ...
    Ma dimmi un po'... -


    Per poi voltarsi nuovamente verso Shouji con il suo unico occhio azzurro...

    - Tu com'è che ti chiami? -

    La donna sfoderò un ampio sorriso, leggermente stanco, ma pur sempre un sorriso.
    Sembrava per nulla imbarazzata dal mostrare i propri seni, i cui capezzoli ora premevano pericolosamente sulle spalle semi scoperte del ragazzino rendendoglieli così evidenti - probabilmente intirizziti anche per il contrasto caldo/freddo della cella.
    ...
    Sembrava una sorta di strano sogno.
    ...
    Shouji non poteva sapere di non essere più all'interno della propria cella.
    Shouji non aveva ancora posato l'occhio oltre le sbarre...
    Rufus e Stefano erano a terra svenuti.
    Asher era attaccato alla parete destra della cella dolorante, si teneva la mano destra allo stomaco, con gli occhi evidentemente provati da un forte dolore.
    Mentre le sbarre...
    Beh, erano state letteralmente ritorte come fossero state fatte di burro, aperte e probabilmente richiuse con la stessa semplicità con la quale quella donna si stava ora godendo un po' di meritato riposo...
    assieme al suo Kirk preferito.

    Game MasterNote:
    1) Kirk: La ragazza che hai di fronte fa riferimento a Kirk di Star Trek, comandante dell'Enterprise e famoso per il fatto di essere uno dei comandanti più picchiati della storia. XD Ovviamente il riferimento va a comporre un paradosso sul povero Shouji che - nonostante sia un bambino rispetto a Kirk che è un uomo - se le è prese di santa ragione a quanto la ragazza può vedere.
    Ottimo Shinji! All'attacco! :gatto:
    A causa dell'intenso dolore sei svenuto e ti sei risvegliato qualche ora dopo tra i seni di questa singolare figura ghgh (che sfortunato!) mentre i tuoi compagni
    Beh...
    Rufus e Stefano sono a terra svenuti, mentre Asher è attaccato al lato destro della cella che avete di fronte. Il come tu sia finito dove sei adesso puoi immaginarlo, ma per il momento è ancora un mistero ghgh
    Dacci dentro tigre! Vai col prossimo post ghgh *__*




    Edited by ryuvegea - 13/5/2012, 19:07
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  6. Shinji Kakaroth
     
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    [Mondo Onirico On]
    *Stava cadendo, scivolando in un oblio oscuro, con tocchi di rosso a frastagliargli la vista, mentre un punto azzurro si faceva sempre più vicino. Poi mentre la sensazione di dolore s'allontanava svanendo all'orizzonte, la caduta pian piano stava rallentando fino a quando non si accorse di fluttuare.
    Avrebbe voluto urlare mentre cadeva, ma non gli usciva la voce, forse per via delle mani che gli serravano la bocca. Fredde e pallide.
    Una sensazione di repulsione lo colse, mentre fluttuava nell'oscurità, con quelle candide mani come compagne, in un mondo vuoto, privo di qualsiasi cosa, dove solo pochi dei colori che conosceva erano ancora presenti.
    Cercò di scostarsi via quelle mani aliene di dosso, di morderle, di costringere chiunque gli stesse addosso a lasciarlo. Poi accadde qualcosa e il buio andò in frantumi lasciando una sensazione di caldo intenso e trasformandosi in un panorama scarlatto, al tramonto.
    Uno dei frammenti gli volò di fronte e grazie al retro a specchio, che rifletteva la luce scarlatta dell'enorme sole rosso fermo in una morte perenne all'orizzonte, si accorse di una cosa orribile.
    Quelle mani fredde e bianche come quelle di un morto erano le sue stesse mani.
    Perché non eseguivano i suoi ordini? Perché restavano ferme? Per quale motivo neppure le sentiva anche se le mordeva?
    Poi il tramonto cominciò a divenire sera e il rosso scarlatto si trasformò in amaranto e poi la tonalità divenne lentamente viola, finché il suo volo interminabile si chiuse su una superficie soffice e morbida. Riusciva a distinguerla, nonostante la luce fosse ormai scemata e il giorno ormai volgeva al disio, e grazie al suo colore riuscisse a mimetizzarsi quasi alla perfezione con lo sfondo violaceo.
    Si trovava sdraiato sul palmo enorme dell'Eva. Quel palmo che solitamente il ragazzo comandava all'interno dell'Entry Plug.
    Che voleva fare? Stritolarlo? Vendicarsi? Cullarlo piano?
    Non ne aveva idea.
    Quando chiuse gli occhi, mentre il buio incalzava ingoiando tutto il visibile ed anche il suo stesso corpo, sentì come se l'Eva gli stesse parlando, ma non capì che gli stava dicendo. Forse era qualcosa di importante, ma non aveva più importanza. Era tutto svanito.*
    [Mondo Onirico Off]

    *La prima cosa che percepì fu il dolore, quando lentamente i sensi riprendevano a funzionare e a colpire tutti assieme grazie anche alla stanchezza tipica di chi non è riuscito a riposare abbastanza. Ne avesse avuto le forze avrebbe imprecato e dato un calcio a un muro, ma al momento non era certo di quante facoltà motorie gli restavano.

    La seconda cosa che percepì fu un profondo senso di calore provenire da diverse direzioni, sulla sua schiena, sul suo viso, accanto al suo corpo. Non era certo un calore familiare, ma se avesse potuto immaginare qualcosa di simile, forse avrebbe pensato al calore di un bimbo che succhia il latte al capezzolo della mamma, mentre la donna culla il suo corpicino fragile da scricciolo con le sue braccia salde e forti.

    La terza cosa che percepì fu l'odore acuto e poco femminile di sudore, misto a quello di un odore pungente quasi di aghi di pino. Sembrò quasi che uno di quegli aromi cercasse di sopraffare l'altro, creando nella loro lotta serrata una certa armonia.

    La quarta cosa che percepì fu il buio lieve della cella una volta che riuscì a riaprire l'occhio destro, fissando il soffitto della cella ed una mano gentile che gli poneva una pezza bagnata sulla fronte. cercò di seguire con lo sguardo la mano che s'allontanava finché non la vide.

    La quinta cosa che percepì fu quell'azzurro libero e profondo che l'aveva accompagnato nell'oblio poco prima, distante e scostante, mentre ora sembrava così vicino che quasi avrebbe potuto toccarlo con le sue mani. Svanì per un attimo, in un'espressione di felicità, per poi tornare a posarsi su di lui, ancora stordito dal dolore e dalla stanchezza.*

    CITAZIONE (ryuvegea @ 13/5/2012, 15:48) 
    - Ben svegliato principino! -
    ...
    - Cavolo... pensavo che non avrebbero dato il ruolo di Kirk1 proprio ad uno piccolino come te. Devi essere parecchio maschio per gettarti nella mischia come un forsennato ed uscirne conciato così! -

    *Batté ancora un paio di volte la palpebra per cercare di capire la situazione, ma non riuscì a distogliere lo sguardo da quel cielo chiaro. Non capiva bene che intendesse con quelle parole e per il momento non gli interessava. Cercava solo di aggrapparsi a qualcosa per salvarsi dall'idea del dolore. Doveva concentrare tutta la sua attenzione o sarebbe stato sopraffatto nuovamente.
    Quel che era riuscito a capire è che ora si trovava nella prigione, nella branda di questa ragazza misteriosa dallo sguardo profondo che lo stava accudendo mezza nuda. Sorrise, pensando che se si fosse trovato in una situazione simile in un altro momento avrebbe di certo fatto i salti di gioia o sarebbe semplicemente morto d'imbarazzo di fronte a tanta sfacciataggine.
    Aveva visto prima d'ora una donna nuda, ma solo nei film, e di certo mai così vicina e premuta contro di lui. Sicuramente quella sensazione gli avrebbe provocato anche un'erezione, ma sembrava proprio che il sangue stesse fluendo dappertutto, tranne che nei corpi cavernosi che aveva nel bassoventre. Sentiva che il sangue scorreva e cominciava ad avvisare un formicolio forte al braccio destro e al sinistro, oltre che nella sua testa, dove di certo c'era il summit mondiale del dolore.
    Il sangue era tanto impegnato che non si sentì neppure arrossire per quella sensazione così sensuale della donna così attaccata a lui da essere a dir poco provocante, così vicina che sarebbero potuti diventare una sola cosa.*

    CITAZIONE (ryuvegea @ 13/5/2012, 15:48) 
    - Uff... I tuoi amici erano proprio una seccatura.
    Solo il rosso sembra avere un po' di carattere...
    ...
    Ma dimmi un po'... -


    Per poi voltarsi nuovamente verso Shouji con il suo unico occhio azzurro...

    - Tu com'è che ti chiami? -

    *La domanda diretta della ragazza lo fece rinvenire da quel dormiveglia in cui ancora si trovava, in bilico tra l'onirico e la razionalizzazione della propria situazione.
    Sentiva il battito del suo cuore contro la spalla, il suo calore e la sua cadenza ritmata.*

    - Shou... ji... -

    *Provò a rispondere lentamente... non si sentiva affatto bene e mentre si riprendeva, sentiva sempre più pressante la lancia che stava riprendendo a perforargli il capo. Cercò di sollevare la mano sinistra, prima all'altezza dell'ombellico, poi del seno della ragazza, fermandola proprio su una ciocca dei capelli che quasi partivano sparate e ribelli dal capo della ragazza.*

    - Sono... *coffcoff* ...lor del fuoco? -

    *Cercò di dire "Sono del color del fuoco?" ma non ci riuscì. La mano gli ricadde sul cuscino. Sentiva di aver sudato molto, o forse era anche per via del calore della ragazza se si sentiva il pigiama che gli avevano dato umido e appiccicoso. Di certo la gola riarsa era un chiaro segno. Fissò l'azzurro che a sua volta lo stava fissando incuriosito.*

    - Ti prego... *coff* Acqua... -

    *Riuscì a rantolare mentre la mano si apriva e chiudeva leggermente in piccoli spasmi sul giaciglio, quasi avesse paura che tutto quello fosse un sogno e che riaddormentandosi sarebbe svanito tutto. I comandi che stava dando alla mano, seppur deboli venivano eseguiti dal suo arto, proprio come quelli che dava all'Eva.
    Chissà come stava l'Eva... se lui era ridotto così, di certo la sua unità era ridotta ancora peggio di lui. Sentì nuovamente un senso di colpa opprimerlo e battergli nella testa come un tamburo.*

    § Se già io non riesco neppure a perdonare me stesso, l'Eva riuscirebbe mai a perdonarmi? §

    In realtà Shouji vuole pilotare il nyancat! XD => :gatto:
    Poveri Rufus&Co... non li sta degnando manco di uno sguardo! XD


    Edited by Shinji Kakaroth - 14/5/2012, 21:42
     
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    Il ragazzino se ne stava a rantolare di fianco alla bella compagna di letto di cella, mentre lei con lo stesso sguardo analitico di sempre lo osservava mormorare timidamente il proprio nome tra i rantoli.

    - Shou... ji... -

    Era di etnia giapponese, ma per lei era e sarebbe restato comunque
    il suo piccolo Kirk.
    Sbatté le palpebre, sorpresa dal gesto lento ed affaticato del ragazzino.
    Voleva toccarla?
    Arrivare là dove nessun ragazzino era mai giunto prima?
    No.
    Le afferrò una ciocca di capelli.
    Tentennante, sfinito, incredibilmente picchiato, malmenato.
    Ucciso.
    La ragazza sorrise.
    Di un sorriso che regalava solo ad una certa categoria di persone.

    - Sono... *coffcoff* ...lor del fuoco? -

    La domanda mezza soffocata di Shouji venne caldamente accolta dalla giovane, che comunque si fece sopraffare nuovamente dall'ultima richiesta del suo piccolo ospite.

    - Ti prego... *coff* Acqua... -

    Si alzò, lasciandolo solo sul letto.
    Il suo corpo - ora Shouji lo poteva vedere chiaramente di schiena - era delineato da una lunga e lineare cicatrice lungo tutto il lato sinistro, fino ad abbracciare l'intero gluteo da quel lato.
    Dalla spalla fin giù, fino ad arrivare là dove Shouji non poteva vedere, nel mezzo delle sue gambe toniche e sode. Nervose ed allenate.
    La rossa si mosse leggera fino al lavandino, dove recuperò una bottiglietta d'acqua di plastica.
    Poi si voltò.
    Lo guardava dall'alto verso il basso, con quel sorriso serafico malato che sapeva sia di panacea che nel contempo di veleno mortale.
    Si avvicinò nuovamente a Shouji.
    I suoi seni, sicuramente una quarta, erano sodi ed abbondanti; la sua pelle bronzea e segnata da estenuanti allenamenti, tesa, come quella di un atleta in perfetta forma fisica.
    Si inginocchiò ed avvicinò il collo della bottiglia alla bocca ed alle labbra secche del suo improbabile compagno.
    Lo dissetò.
    L'acqua freschissima gli riempì la bocca, tergendogli via la sensazione arida e bruciante che aveva su labbra, lingua e gola.
    Era estasi.
    Era paradiso.
    Era un angelo.

    - Il mio nome è Art. -

    Disse sussurrando soave all'orecchio sinistro del pilota dello 01.
    Per poi continuare con voce più leggiadra, quasi sibilante.

    - Art Saber.
    Non te lo dimenticare. -


    Era un dolce veleno.
    Parole meravigliose pronunciate dalla bocca di un serpente.
    Una mantide religiosa che aveva tra le sue braccia la sua ennesima vittima.
    Shouji poteva vederla, la luce che si stagliava nel suo cielo ora tremolante e meraviglioso.
    Una luce sublime deviata, quella di chi desidera così fortemente qualcosa da fare
    di tutto
    pur di averlo.

    Game MasterNote:
    Aleeeeeeeeeeeeeeeeee!
    Altro giro altro regalo.
    Posticino semplice, tanto per non lasciar stagnar troppo questa scena gdr.
    Daje Shinji! XD




    Edited by RW Staff - 26/6/2012, 17:15
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    *Dopo aver rantolato la sua richiesta, tra un colpo di tosse, pensò che le sue parole non gli fossero uscite comprensibili attraverso la sua gola riarsa, eppure la rossa si alzò.
    L'occhio del ragazzo, che pian piano si stava abituando a quella penombra dovuta dalle poche luci sparse nella zona delle celle, colse distintamente una lunga cicatrice che correva sul corpo della ragazza per la sua intera lunghezza.
    Quale dolore aveva dovuto sopportare quando le è stata inferta quella profonda ferita?
    Quale strazio aveva superato quella ragazza, quasi letteralmente spezzata in due dalla spalla sinistra in giù.
    Un corpo come quello, così afrodisiaco eppure così muscolosamente marziale, rovinato, abbruttito, sporcato.
    Di certo era pensiero comune che il corpo di una ragazza era più bello se la pelle non era stata rovinata da cicatrici e ferite, infatti anche quando si sottoponevano agli interventi, soprattutto le donne giapponesi, come sua zia, tenevano molto ad assicurarsi che l'intervento non avrebbe lasciato segni evidenti per troppo tempo.
    Eppure quel solco sembrava così provocante, così maturo, che immaginava avrebbe attirato gli uomini più di quello che ogni donna aveva tra le gambe.

    Dopo aver raggiunto il lavandino, prese una bottiglietta d'acqua e si voltò di nuovo verso di lui.
    Il contrasto dei capezzoli, più scuri, con la pellle abbronzata e il collo tornito, il suo modo di fare così sfacciato, l'occhio azzurro che lo fissava, quasi come una mantide religiosa di fronte alla sua preda o ad un leoncino che aveva appena trovato un piccolo animale indifeso come nuovo svago, il dolore che continuava a divorarlo dall'interno...
    Tutte queste sensazioni non facevano altro che aumentare quel disagio interiore, quell'aria surreale che si era mantenuta costante dal suo risveglio.
    Era come se tutto quello non stesse capitando realmente a lui.

    Poi gli si avvicinò lentamente, per poi con grande misericordia, posare la bocca della bottiglia sulle labbra del ragazzo e dissetarlo.
    La sensazione che gli lasciò sulle labbra la liscia bottiglia, il frescore dell'acqua che a piccoli sorsi gli scendeva prima a bagnargli la lingua e poi a scendergli giù per la gola.
    Era una sensazione piacevole, un breve sollievo nella sofferenza della vita, che si stava dimostrando più dura di quanto avesse mai comprendere razionalmente, eppure più dolce e folle di quanto la sua immaginazione avrebbe potuto spingersi per via di quel bacio indiretto.*

    § Forse è questo il vero significato del karma? "Se ti viene fatto del male di certo riceverai altrettanto bene in seguito." E' questo che sta succedendo? §

    *Chiuse l'occhio, mentre l'ultima goccia passava dalla bocca della bottiglia alla sua, e poi lo riaprì quando sentì che pronunciava un nome.*

    CITAZIONE (ryuvegea @ 26/6/2012, 15:44) 
    - Il mio nome è Art. -
    ...
    - Art Saber.
    Non te lo dimenticare. -

    § Art Saber... in inglese può significare... Arte della Sciabola... che nome particolare e assurdo... §

    *Cercò di abbozzare un sorriso, nonostante la sofferenza e rispose.*

    - Grazie, Art. Non lo dimenticherò. -

    *Poi cercando di fare una battuta, mantenendo il mezzo sorriso.*

    - Chissà perché sembra così buona... -

    *L'acqua non era realmente così buona, ma era certo che se non avesse continuato a concentrarsi su qualcosa il dolore sarebbe tornato.
    Comunque era ancora stordito e la mente non filtrava i pensieri, che continuavano a raggrumarsi pericolosamente nella testa assieme a mille domande.*

    § Perché ti trovi qui? Come ti sei fatta quella cicatrice? Ti ha fatto molto male? Quando ci faranno uscire? Com'è ridotto l'Eva? Riuscirò di nuovo a pilotarlo? Mi respingerà? Che ne sarà di me? §

    *Eppure nonostante tutto la prima sciocca frase che gli era venuta alla mente di dire gli era scivolata sulle labbra con noncuranza, senza che se ne accorgesse. Immaginava che se fosse stato più cosciente si sarebbe comportato diversamente, che se avesse usato di più la ragione magari sarebbe rimasto in silenzio e sarebbe tornato a dormire.
    Ma alla fine che aveva da perdere? Stava già soffrendo tanto, immerso in quello stato mentale che era una via di mezzo tra il paradiso e l'inferno. Un purgatorio lungo e doloroso, quasi infinito, dove si può scorgere solo in lontananza una luce brillante che rappresenta l'amore di Dio.
    E quella luce in quella stanza era rossa e di un azzurro profondo.*

    - Quanto è duro vivere... -

    *Gli uscì in un sospiro mezzo straziato, mentre l'occhio ancora sano era mezzo socchiuso e continuava a fissarla, come se fosse l'unico elemento che separava un sogno febbricitante dalla cruda realtà.*

    Vai Ryuuuuuuuu!


    Edited by Shinji Kakaroth - 8/10/2012, 12:05
     
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    Lo strazio del ragazzino le destava una certa curiosità, avrebbe continuato il suo gioco fintanto che non l'avrebbe stancata.
    Era lì, innocuo, rappreso nelle bende, nelle fasce, in quel vestitino che sapeva troppo di ospedale per i suoi gusti.
    Fin troppo a ricordarle momenti dannatamente intensi della sua vita.
    Già, intensi.
    Se così ironicamente potevano definirsi quei deliranti istanti di pura agonia e patimento che era stata costretta a sopportare là dove il caro Alì l'aveva seviziata assieme ai suoi quaranta ladroni...
    Ma questa è una metafora che si addirebbe più ad un'altro personaggio...
    Qualcuno che ora sta andando a gettar scompiglio in quel di Carpentaria assieme al suo fidato Riccardo.
    Ma tornando a noi...
    Di certo una come lei avrebbe per molto e molto tempo trovato divertente logorare quella piccola figura martoriata, ma il suo lui sapeva intrattenerla, pareva.

    - Grazie, Art. Non lo dimenticherò. -

    Era così gentile, come un cucciolo che stava ben bene al tuo guinzaglio.
    Era tenero, sì, maledettamente.
    Ma lo erano anche loro, ricordava.
    Già.
    Quei - fottuti - ragazzini.
    All'apparenza innocenti, ma - di fatto - stupidi maschi ignoranti desiderosi di diventare
    U O M I N I.
    Una parola grottesca dal retrogusto disgustoso, salato, appiccicoso e maledettamente familiare.
    Il sopracciglio dell'occhio bendato si alzò per un tick nervoso.
    Capitava.
    Quando le saliva l'incazzatura.
    Quando stava per perdere il controllo.
    Sfido chiunque a restare anche solamente lucido quando una sfilza incontenibile di immagini ti affolla la testa desiderosa di portarti nuovamente in un inferno in terra.
    Quell'isola così maledettamente ben congegnata per tirare fuori
    il peggio di te.
    Quell'inferno che lei, da brava ragazza, ha conosciuto bene, prima in Medio Oriente, poi altrove, là dove desiderava
    tanto
    tornare.
    Ma ancora una volta i suoi pensieri si spezzarono, di nuovo per colpa del suo piccolo Kirk preferito.

    - Chissà perché sembra così buona... -

    Il perché era ovvio.
    Perché era lei a dargliela.
    L'acqua ovviamente.
    Che avete pensato...
    Anche se, per un solo fragilissimo istante, l'idea di esplorare il corpicino martoriato di lui le era balenata nella mente.
    Oh si, era maledettamente reale e palpabile il desiderio che la divorava.
    E lui poteva leggerglielo negli occhi, esattamente nel momento stesso in cui, con avidità, lei si era passata la lingua sulle labbra umettandosele.
    Un gesto lascivo e dannatamente provocatorio.
    Naturale però, le veniva ormai da sé, beh... dopo quel che aveva sopportato chi non sarebbe diventato un po'
    A d d i c t e d
    di quella roba?
    Naaah ma qui stiamo sconfinando.
    La bontà di quell'acqua era solamente secondaria ai misteriosi ed orribili segreti che si celavano sulla pelle diafana del ragazzino.
    Quali orribili patimenti doveva aver subito per ridursi in quel modo?
    Anche perché le voleva pretenziosamente assomigliare.
    Voleva assomigliare a lei.
    Assomigliare ad una figura penosa e devastata dalla vita.

    - Quanto è duro vivere... -

    Ecco!
    Il senso del tutto.
    Il senso della vita.
    Il senso della sua vita.
    Le sembrava una barzelletta.
    Lui, così maschio, così uomo, parlava della durezza della vita.
    Un sorriso malato, questa volta davvero malato le si dipinse sul volto.

    - Già... è proprio dura. -

    E mosse la sinistra ad afferrargli le parti basse.
    Con decisione.
    Prontezza.
    Riflessi così fulminei che l'occhio umano sicuramente avrebbe perso di vista l'arto della ragazza nel processo.

    - ...la vita. -

    Le dita affusolate sfiorarono delicatamente i testicoli del ragazzino da sopra ai pantaloni mentre pollice ed indice si serravano attorno al suo piccolo membro.
    Appena prima di fare qualunque cosa, qualunque cosa potesse essere anche solo vagamente un'azione, un urlo, agghiacciante e fortissimo, provenne dalla cella di fronte, interrompendola.
    Era Asher.

    - SICUREZZAAAAAAAAA! -

    L'urlò fu così forte che il Sergente Robertson si sputò tutto il caffè addosso per la sorpresa.
    Art venne colta alla sprovvista.
    Continuare oltre le avrebbe causato ulteriori grane e lei in cella doveva rimanerci ancora un po', e poi?
    Non avrebbe più potuto scolarsi un po' di birra in caffetteria e di certo papino non lo avrebbe permesso se lei avesse causato altri problemi, dopo che aveva rifatto la faccia all'ormai ex dottore della base poi...
    Peccato... le ricordava troppo gli amici di Alì con quella barba.
    Un'espressione di stizza le uscì maledettamente spontanea.

    - Tsk... Fanculo! Proprio sul più bello. -

    Il tempo di lasciare andare i genitali del ragazzino che Scotty fu subito lì con taser alla mano.

    - S-Saber che c-cazzo hai combinato stavolta!? -

    Art si erse in piedi voltandosi verso l'uomo.
    Torso nudo, seni sodi, tondi...
    Nudi...

    - Ossantoddio... -

    - Per queste due belle ragazzone non balbetti eh Scotty!? Brutto porco... -

    Disse la rossa afferrandosi i seni e facendoli dondolare ritmicamente prima di riafferrare il top che aveva sotto la tuta di volo per poi rinfilarselo.
    Poi Asher attirò l'attenzione del sottufficiale.

    - Q-Quella donna... Ha-...! -

    Un gemito di dolore lo percosse prima che potesse finire la frase.

    - Tratto in salvo questo povero ragazzino da-... -

    - Q-Quella donna ha malmenato noi e stava molestando quel ragazzino! -

    Con un impeto di rabbia Asher riuscì a completare la frase.
    Art4
    E fu così che lo sguardo di Art mutò completamente.
    Freddo, severo, come quello di chi giudica un imputato condannato a morte.
    Asher si sentì rabbrividire allo sguardo che la rossa gli regalò dall'altra parte delle sbarre, che certo non lo avrebbero salvato dalla sua furia quando Robertson se ne sarebbe andato, se prima non avrebbe fatto qualcosa.
    Ma il sergente puntò la pistola stordente contro Art.

    - Esci. T-Ti sbatto in cella di isolamento fino a nuovo ordine. -

    La rossa sorrise.
    Quante volte ci era già stata in una settimana? Dieci? Venti?
    Amava quel piccolo loculo blindato.
    Ed adorava ancora di più che Papino le permetteva sempre di uscirne una volta imparata la lezione.
    Beh, meglio lui che gli stronzi seguaci di Alì.
    Almeno lui era Papino.
    Non papà.
    Quella parola antiquata appartenuta un tempo ad un certo individuo risuonava come una sberla data ad una bambina ormai troppo grande per accettare un insegnamento duro come la vita.
    E lei al posto di quel bastardo di suo padre, adesso aveva un Papino di appena ventidue anni.
    Di certo, se lui stava dormendo, quando si sarebbe svegliato si sarebbe arrabbiato parecchio.
    Ma almeno, lui, l'avrebbe guardata.
    A differenza di suo padre.

    Si voltò ancora una volta verso Shouji, chissà invece il suo lui di là sotto come se la passava...
    Non poté trattenersi dal sorridere, all'idea di vedere cos'avrebbe visto là sotto.


    Game MasterNote:
    Alé anche qui ho postato, spero che il divertimento ci sia nonostante l'attesa.
    :gatto:




    Edited by ryuvegea - 27/10/2013, 20:42
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  10. Shinji Kakaroth
     
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    *Intontito, straziato, stanco sia nel corpo che nell'animo, Shouji continuava ad appigliarsi ad un briciolo di razionalità incerta che stava cominciando a crollare, mentre il suo ego si distaccava dalla coscienza lentamente, lasciandolo quasi indifferente alla situazione assurda in cui si trovava. Le uniche cose che lo tenevano ancora cosciente, anche se abbastanza stordito sentimentalmente, era quel dolore insopportabile che stava risorgendo a ondate calde e gelide e la presenza di quella donna, che continuava a fissarlo, scrutarlo, come se fosse una preda e lei la belva feroce in attesa di decidere come ucciderlo e poi da che parte cominciare a divorarlo.
    Il suo occhio azzurro fisso su di lui, con quell'aria glaciale eppure le labbra rosse e carnose e la sua lingua, che sembrava quasi un fiotto di lava che usciva dalla bocca di un vulcano in fiamme.
    Indomabile forza della natura. Stolti gli umani che tentavano di porle freno.
    Dopo aver proferito quelle parole tristi, che aveva pensato per tutta la vita, flagellandolo e pesandogli sulla schiena, quand'era piccolo e non aveva un papà come tutti gli altri bambini, quando non aveva nessuna figura paterna a cui affidarsi o a cui mirare, quando si è trovato impotente a fare una scelta già presa da altri e decidere di salire sull'Eva, quando aveva scoperto di avere un fratello ormai ridotto ad un vegetale.
    L'aveva incontrato, e già dal primo incontro, quando gli era stato comunicato come fosse in quelle condizioni, lui sapeva.
    Quel terrore l'aveva attanagliato alla bocca dello stomaco, o forse era il cuore che aveva perso una ventina di battiti al minuto?*

    § Quello che ho di fronte è uno specchio. È così che finirò se piloterò l'Eva. §

    *Mentre i pensieri gli si affollavano nella mente febbricitante, la donna provocante gli si era avvicinata ancora di più, per poi sorridergli. Ma quello che aveva dipinto sul viso era un sorriso strano, o forse era il dolore che gli distorceva la vista. Sembrava quasi un ghigno contorto e malato.*

    CITAZIONE
    - Già... è proprio dura. -
    - ...la vita. -

    *Sentì qualcosa. La mano della donna gli aveva afferrato le parti basse. Non ne era sicuro. Il suo cervello sembrava un enorme centrale in tilt dove arrivavano di continuo sensazioni forti e spiacevoli, dal braccio destro, da quello sinistro, dall'occhio sinistro, dall'addome. Ora a tutte le chiamate incessanti che il suo sistema nervoso aveva cominciato a fare al suo cervello, tutte le telefonate di reclamo di ogni parte del suo corpo, s'era aggiunta un'altra chiamata dalle parti basse.
    Probabilmente quello era tutto un assurdo sogno senza alcun senso che stava facendo.
    Lui era addormentato nella cella con i suoi compagni che ancora lo incolpavano tacitamente della loro situazione, e il suo inconscio lo stava torturando sessualmente con l'immagine di una donna provocante che gli afferrava il pacco per giocherellarci.
    Era una situazione metaforica creata dalla sua mente stanca, per dargli un po' di pace.
    La donna era il suo Id, che aveva punito i suoi compagni, che in realtà erano il suo Superego, perché gli avevano dato la colpa, ma lui non aveva il coraggio di ribellarsi, di gridare in faccia a quei signori più grandi e forti di lui.
    Lei era perfetta per quel ruolo, persino la profonda cicatrice che le solcava il corpo era la chiara metafora di tutte le sofferenze che lui aveva patito nel corso della vita, tutte le offese che aveva subito a causa della sua debolezza.
    Il suo Id aveva abbracciato il suo Ego, salvandolo, dissetandolo, cullandolo e ora stava cercando di sfamare un altro dei bisogni umani. Il desiderio sessuale.
    Lei, una ragazza con un occhio bendato, lui un ragazzo con un occhio bendato, il suo esatto riflesso, il suo esatto opposto.
    Lui privo di alcun talento, di alcuna bellezza, di alcuna forza, di alcuna arroganza, di alcuna sicurezza.
    Lei capace, bella, forte, decisa, scatenata.
    Entrambi bendati ad un occhio solo. Entrambi con un occhio azzurro.*

    - Mphfff... -

    *Gli era scappata più una mezza risata, che non un sussulto per il brusco movimento della mano della sua controparte femminile. Era sicuro che quella situazione era troppo assurda per avvenire nella realtà.
    La sua mente doveva fuggire da tutto quel dolore fisico e mentale in qualche modo, no?
    Poi qualcosa lo fece trasalire mentre ancora stava riflettendo mentre i suoi sensi impazzivano poco per volta.*

    CITAZIONE
    - SICUREZZAAAAAAAAA! -

    *Stava sognando anche quell'urlo? Ed anche i passi sul pavimento metallico che susseguirono di lì a poco?
    Era la voce di Asher, o forse era quella del suo Supego?
    Di certo il Superego non avrebbe permesso comportamenti lascivi o che vanno fuori qualsiasi morale, per cui stava fermando l'Id facendo intervenire il Sergente Robertson che in realtà era il suo Senso di Moralità.*

    CITAZIONE
    - Tsk... Fanculo! Proprio sul più bello. -

    *Era stizzita la sua controparte immaginaria, mentre dopo aver lasciato i genitali afferrati attraverso il pigiama da infermeria che aveva indosso. Con i seni ancora sodi e turgidi e priva di vergogna alcuna si voltò ad affrontare il Senso di Moralità, appena entrato su quel piccolo palcoscenico inventato dalla sua mente, che stava annaspando in uno stato febbrile di sofferenza e dolore. Nonostante il dolore sentì i corpi cavernosi riempirsi ed il membro inturgidirsi.*

    CITAZIONE
    - Q-Quella donna... Ha-...! -

    - Tratto in salvo questo povero ragazzino da-... -

    - Q-Quella donna ha malmenato noi e stava molestando quel ragazzino! -
    ...
    - Esci. T-Ti sbatto in cella di isolamento fino a nuovo ordine. -

    *Era successo tutto di fretta, la sua mente stava ripristinando piano la situazione. Rimetteva il collare alla belva sopita dentro di lui, riprendeva il controllo razionale del suo essere. Faceva in modo di mettere le briglie a qualsiasi altra pulsione avrebbe mai potuto avere.
    Sarebbe tornato un debole e vigliacco ragazzino senza quella parte importante di se stesso, il suo Id.
    Non voleva che andasse via, faceva parte di lui, doveva restare con lui. Senza di lui... senza di lei non avrebbe avuto il coraggio di alzare lo sguardo, di rispondere a tono. Sarebbe tornato la pecora che era sempre stato.*

    §Non rispondere!
    Fai quello che ti viene ordinato!
    Ascolta quello che ti dicono i grandi!
    Loro hanno sempre ragione!
    Non fare così!
    Hai sbagliato!
    È colpa tua!
    §

    *Non ne poteva più. Sarebbe rimasto una vittima per sempre? Vittima del terrore di disubbidire? Vittima della paura di dire "no"? Come la si poteva definire una tale condizione se non una prigionia? Una auto-reclusione?*

    §Io voglio cambiare. Non voglio restare così. Voglio diventare più forte. Non voglio restare impotente.§

    *Riuscì ad alzarsi a fatica sulla brandina. Chissà poi perché? Quel sogno sembrava così reale, come se veramente stesse lì con le ossa spezzate e pieno di lividi per tutto il corpo, di fronte a una donna in carne e ossa ed un secondino armato che le stava intimando di seguirla verso la cella d'isolamento.
    Lei si girò verso di lui, come si aspettasse qualcosa.
    Il suo io forte stava lasciando il suo io debole, era questo che stava succedendo.*

    - N-Non è colpa sua... se è così... È colpa mia... se sono così... -

    *Lo fissavano mentre rantolava le parole un po' più fluenti di prima, forse proprio grazie all'acqua che gli aveva bagnato labbra e gola. Sembrava stessero ascoltando le farneticazioni di un pazzo fanatico che dichiara insensatezze e sventure all'angolo di un incrocio del diavolo.*

    § Che diavolo avranno da guardarmi? Sono solo proiezioni del mio sogno! Perché non cercano di essere gentili e accondiscendenti al posto di trattarmi male? Perché non sono gentili con me?§

    *I due occhi destri azzurri si incrociarono ancora una volta. Lei era tutto quello che lui non riusciva ad essere, era quello che non poteva essere. Non sarebbe mai stato come lei? Avrebbe voluto dirle di non andarsene.
    Era pur sempre il suo sogno, se avesse voluto che lei non se ne andasse, l'Id avrebbe malmenato la Moralità e sarebbe rimasto lì a cullare il suo Ego debole, in un piacevole senso di auto-compiacimento.
    Ma era davvero quello che voleva?
    Farsi di nuovo salvare dal suo Id, e restare un Ego debole e insicuro?
    No! Quello era il primo passo per cambiare, come avrebbe potuto intraprenderlo se si fosse di nuovo nascosto dietro al suo opposto?
    Se voleva diventare anche un po' come quel Id sfacciato e senza alcun ritegno, quella sua parte così tanto forte che nascondeva nel suo profondo, allora avrebbe dovuto cambiare se stesso.*

    - Io ti ringrazio. -

    *Le sorrise nella maniera più dolce che il dolore gli consentiva, i muscoli sugli zigomi si alzarono lasciando un paio di fossette ai lati della bocca.*

    - A presto, Art. Io diventerò più forte, te lo farò vedere. -

    *Un altro spasmo gli cancellò il sorriso dalle labbra. La lancia stava tornando. L'altro occhio, quello chiuso, cominciava a mandare segnali incessanti. Portò istintivamente la mano sinistra verso l'occhio bendato, come se volesse afferrare quella lancia di dolore ficcata nel suo cranio e strapparla via, nonostante agguantasse solo il nulla.
    Il dolore stava aumentando. Era sicuro che da lì a poco si sarebbe risvegliato da quel sogno assurdo e avrebbe sentito dolori ancor più atroci nella realtà. Ma non aveva ancora finito di dirle tutto quello che voleva dirle. Quello che voleva dire a se stesso.*

    - Cambierò e sarai libera, perché a quel punto saremo una sola cosa. Sono debole e tu sei forte. Gli opposti si attraggono e uniti formano l'armonia. Quindi fino a quel giorno riposati. Grazie per avermi protetto da me stesso, per avermi fatto capire, per essere stata gentile con me. Sento che è ora che mi risvegli, scusami mia ardente controparte. Buon giorno, Art, mio splendido e sfrontato Id. -

    *Ancora una forte fitta e il sorriso vanì. Un fiotto di sangue venne sputato fuori dalla gola del ragazzo il cui corpo venne scosso da un'orribile contrazione, l'addome del ragazzo si mosse in avanti, mentre la testa all'indietro, arcuando il corpo in un modo quasi innaturale a formare un ponte sulla branda dov'era stato sistemato dalla donna. Il dolore fu tanto acuto da farlo svenire. O forse si stava per svegliare davvero?
    Qual era la realtà?
    Il suo corpo si afflosciò nuovamente sulla branda e ricadde nell'oblio.
    Cosa avrebbe sognato questa volta? Una donna dai capelli rossi senza un occhio, senza ritegno e con una provocante cicatrice che le percorreva il corpo?
    Lui che picchiava i suoi compagni che l'avevano accusato di essere la causa scatenante della loro disfatta?
    Il giovane che l'aveva tratto in salvo dallo 01?
    Suo padre?
    Suo fratello?
    Rei Ayanami?
    Art Saber?
    L'Eva 01?
    O forse sarebbe finito in un limbo silenzioso e oscuro, animato da colori fuggevoli e da orribili sensazioni.*

    Edited by Shinji Kakaroth - 27/10/2013, 16:48
     
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    - Mphfff... -

    Rideva.
    Di una risata sarcastica.
    Forse credeva di essere lui la vittima?
    No.
    Si sbagliava.
    E di grosso anche.
    La vittima era sempre stata e sarebbe sempre rimasta lei.
    Quale grave errore si celava nella natura umana maschile per cui ogni senso di colpa doveva essere sempre deputato a se stessi?
    Scotty le puntava ancora contro il taser quando il suo Kirk prese a parlare.

    - N-Non è colpa sua... se è così... È colpa mia... se sono così...
    Io ti ringrazio.
    A presto, Art. Io diventerò più forte, te lo farò vedere. -


    Avrebbe voluto deriderlo con disgusto per quell'ultima affermazione.
    Appenderlo per il collo alla cella e strangolarlo lentamente.
    Anche lei avrebbe voluto farglielo vedere, in un certo senso.
    Il suo braccio destro.
    Vedere lui, il suo piccolo Kirk, più forte di così le avrebbe causato solamente un conato di vomito in più.
    Sarebbe stato acido al cuore, una morsa irresistibile che prima o poi l'avrebbe portata ad assaggiarlo e - come la migliore mantide religiosa - farlo fuori.
    Nel più doloroso e crudele modo possibile.
    Poi però Papino si sarebbe arrabbiato... però.
    Beh, chissene.
    La stava ringraziando... sicuramente si riferiva al servizietto che stava per regalargli.
    Uno di quei piccoli piaceri sessuali che, i veri maschi come lui, amavano concedersi con la loro troietta di turno.

    Ma qualcosa non tornava.
    Cazzo, partire a dire cose così nonsense così tutto d'un tratto non era nei programmi.
    Forse aveva esagerato un po', le sue tette dovevano avergli mandato davvero in pappa il cervello.
    O forse erano stati i patimenti subiti... o perché no, magari le violenze subite.
    Allora sì, che sarebbe stato interessante continuare la conversazione.
    Sentire come ci si sente ad essere riempiti da qualcosa, svergognati, usurpati, distrutti e fatti a pezzi.
    Lentamente e con sommo gaudio.
    Allora un po' di femmina sarebbe rimasta con lui.
    Nel suo piccolo punto debole tra le natiche.
    Ma sapeva, era certa, che così non era.
    Sarebbe tristemente sempre rimasto uomo.
    Diceva cose interessanti però, cose che le ricordavano i tempi della scuola, quando ancora tutto era normale.

    - Cambierò e sarai libera, perché a quel punto saremo una sola cosa. Sono debole e tu sei forte. Gli opposti si attraggono e uniti formano l'armonia. Quindi fino a quel giorno riposati. Grazie per avermi protetto da me stesso, per avermi fatto capire, per essere stata gentile con me. Sento che è ora che mi risvegli, scusami mia ardente controparte. Buon giorno, Art, mio splendido e sfrontato Id. -

    Psicologia.
    Un tempo adorava quella materia.
    Era pure brava.
    Il piccolo Kirk si stava facendo uno di quei trip che nemmeno lei se lo sarebbe mai aspettato.
    Lei doveva essere parte di lui?
    L'Es? Dio... doveva essere proprio cotto per vedere una che lo voleva privare della virilità come parte integrante di se stesso.
    Ma era lo stesso divertente, più divertente di qualunque altra conversazione quel postaccio freddo le avrebbe riservato per le prossime ore.
    Sembrava stare sognando, e provava a fare il dolce, il principe azzurro.
    Fosse stata la vecchia se stessa sarebbe arrossita, ai complimenti.
    Ma purtroppo così non era.

    - S-Saber! -

    Scotty reclamava e quindi era tempo di uscire...

    - Arrivo arrivo... quanta fretta! Sempre impazienti voi uomini... -

    Con la semplicità con cui si modella il pongo, la mano sinistra di Art prese una delle sbarre ritorte della cella e la deformò abbastanza da permetterle di uscire fuori.
    La sua schiena tonica e delineata metteva ancor più in risalto la pelle bronzea e leggermente sudata, mentre i muscoli si gonfiavano, mentre il suo arto sinistro si tendeva quasi fino a spezzarsi aprendo la cella con la semplicità di chi gioca con la plastilina.
    Erano sbarre d'acciaio zincato del diametro di quattro centimetri.
    Come diavolo ci era riuscita?

    - F-Ferma o sparo! -

    Robertson arretrò d'un passo, mentre Art alzava lentamente le mani restando ferma.

    - M-mani dietro la schiena! -

    - Vuoi anche legarmi? Che rude... ed io che speravo mi chiedessi qualcosa di più audace! Ti piacciono i giochini con le manette? -

    Art lo provocava, mentre Scott le si avvicinava estraendo i legacci di sicurezza da dietro la divisa.
    Fu proprio in quell'istante che - con un movimento che aveva del disumano - Art fece quello che Shiuji s'immaginava.
    Una gomitata.
    Di sinistro.
    Al centro della bocca dello stomaco di Scott.

    - GWAH! -

    Solo un gemito soffocato.
    Un unico gemito soffocato emise Scotty prima di svenire come un pupazzo di pezza.

    - Questo è per avermi guardato le tette... -

    Sibilò velenosa Art con un sorriso malato sul volto.

    Poi si mise dietro al Sergente e lo prese sotto le ascelle iniziando a tirarlo verso la sedia dov'era stato fino a pochi istanti prima, per poi mettergli una rivista pornografica contenuta in uno dei cassetti della scrivania dritta dritta sulla faccia.

    - Non volermene pelo rosso... Ma se faccio troppo casino Papino s'incazza! -

    Art fece un occhiolino verso Asher.
    Che sicuramente avrebbe cercato di urlare per chiamare la sicurezza un'altra volta, ma proprio - in quel momento - non ci riusciva.
    Messo Scotty a nanna sulla propria poltrona, gli prese le chiavi.
    Poi si diresse nuovamente verso la cella in cui Shouji si era appena sentito male.

    - Guardati... -

    Disse con tono fintamente preoccupato.

    - Sei tutto sporco di sangue. -

    Poi si sorprese - questa volta sul serio - sgranando gli occhi.

    - E sei anche fottutamente svenuto... Merda! Se mi muori qui Papy mi pianta un casino. E senza quel maledetto dottore sarò nei guai. -

    Corse fuori dalla cella ed andò a chiamare l'infermeria attraverso l'interfono vicino alla postazione di scotty.
    Gli addetti infermieri sarebbero arrivati dopo pochi minuti.
    Aveva ancora un po' di tempo.
    Tornò indietro ed una volta al suo capezzale ascoltò il polso sforzandosi di non sentire il proprio: era debole.
    Si mise ad ascoltare anche il respiro: irregolare e rantolante.
    Senza indugi gli fece la respirazione bocca a bocca, per fargli sputare eventuali altri grumi di sangue.

    - Certo che i maschi non sono più come quelli di una volta... -

    Disse con una punta d'ironia.

    - Ohi!? Sei ancora vivo? Non mi morire adesso... -

    la sua espressione era il frutto di una strana contraddizione. L'indifferenza del veder morire un maschio e l'apprensione del vedersi nuovamente nei guai.
    Poi la rossa si lasciò scivolare a sedere lasciando di lato le gambe vestite dalla parte inferiore della tuta di volo.
    Pose il gomito destro sulla brandina e continuò ad osservare Shouji, che svegliandosi avrebbe così capito di non stare più solamente sognando.

    - Il tuo Es eh?... Diciamo che sono solamente una donna tanto incazzata... -

    Gli sorrise malignamente e con un pizzico di malizia come suo solito.

    - ...e tu invece chi sei? Eh? Piccolo principino con manie da galantuomo? Parlami di te...-

    Non negò a se stessa di essersi incuriosita.
    Più per gioco che per reale interesse.
    Ma prima che Scotty si svegliasse e prima che il Rosso si facesse nuovamente sentire assieme agli infermieri, avrebbe ancora potuto giocare un po' con lui, per poi andarsene in cella d'isolamento da sola, con le proprie gambine.
    Dopotutto, nella mano destra, proprio quella che Shouji poteva vedere, roteava con divertimento il mazzo di chiavi che aveva così ironicamente sottratto a Scott.


    Game MasterNote:
    Mmmh bella trasfigurazione della psiche di Shouji! Adesso ci divertiamo!


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    [Oniric Mode On]

    *Un rumore costante di sottofondo. Il colore del cielo arancione del meriggio che combatte ancora per non trasformarsi in sera. Il sole che sta cominciando a scendere lentamente fino a tramontare del tutto. I profili delle montagne di fronte a sé, in lontananza, in un panorama che continuava a muoversi imperterrito, lento e veloce a dipendenza di dove l'occhio si andava posando. O forse è meglio dire "gli occhi". Sì stava fissando il sedile di fronte a dov'era seduto. A bordo di un treno che non ricordava di aver preso, e non aveva idea dove l'avrebbe portato.
    Di fronte a lui, con le spalle inondate della luce del sole morente c'era lui, suo fratello. O forse no? Loro si assomigliavano un po', come tutti i fratelli, ma l'ombra che la luce alle spalle gli poneva sul viso, un lieve velo di contrasto, non gli faceva distinguere perfettamente la figura, seduta di fronte a lui.
    Un palo della luce era appena stato superato, sfrecciando da sinistra a destra, come fosse animato.
    La sensazione dondolante della carrozza in movimento che saltella su e giù, assecondando il terreno su cui sono stati posti i binari.
    Zitti, entrambi.
    In un tacito assenso di quella situazione, come se fosse la più naturale cosa di questa terra trovarsi chissà dove, chissà quando con chissà chi e chissà perché. Era come se la situazione fosse preinstallata nella sua coscienza e lui non provasse disagio e un senso d'estranietà dal trovarsi lì.
    Non sapeva perché, ma era come se quel posto ci sarebbe sempre stato, anche dopo la sua morte, anche una volta spento il Sole, anche una volta distrutta la galassia. Quel posto sarebbe sempre rimasto lì, anche se avrebbe assunto diverse forme da persona a persona, da organismo vivente a organismo vivente, da anima incorporea ad anima incorporea.*

    - Che ci fai qui? -

    *La voce non era la sua, eppure era la sua. Non la riconosceva propriamente come tale e l'intonazione era totalmente diverso, ma il timbro era proprio il suo. Sembrava l'espressione quasi atona con cui gli aveva parlato qualche volta Rei Ayanami, la stessa Rei che da lontano, sentiva rivolgere calde parole a suo fratello.*

    - Non lo so. E tu? -

    *Rispose senza neppure pensarci, senza rispondere realmente e ponendo un quesito ad un quesito.*

    - Io sono qui per te. Ricorda, chi sei tu? -

    *Non riusciva a vedergli gli occhi, avrebbe voluto alzarsi ma era come incollato al suo posto a sedere. Come temendo che anche solo alzarsi per avvicinarsi al suo interlocutore, gli avrebbe automaticamente fatto perdere il posto.*

    - Sono Shouji. Sono Shouji Ikari. E tu? -

    *Nessuna espressione sul volto dell'altro. *

    - Io sono Shinji. Sono Shinji Ikari. -

    *Rimase spiazzato dalla risposta. Ma aveva capito che non stava mentendo. Ma dove si trovava realmente? Che stava succedendo?*

    - Io sono Art. Sono Art Saber. -

    *Comparve una donna dai capelli rossi, con un occhio bendato e il seno stretto sotto il top, con i turgidi capezzoli che si stagliavano da sotto al tessuto.*

    §Ma che diavolo?!? Ecco!!! Ora ricordo... stavo sognando! Mi hanno portato in progione, sono svenuto per il dolore, ho fatto un sogno e c'era questa ragazza forte e sfrontata, il mio esatto opposto, il mio Id, poi ho cominciato a sentire di nuovo i dolori e mi sono svegliato qui. Ma com'è possibile? Questa non è la realtà?§

    - Piccolino, che ti prende? Ti manca la mamma? Vuoi un po' di latte? -

    *Lo derideva accarezzandosi i grossi seni, poco nascosti sotto il top.*

    - Io... Questa non è la realtà?! Dove sono? -

    - Sei dove dovresti trovarti. Dove hai bisogno di trovarti. Nel luogo dove riposa la coscienza e l'anima si divide per ricongiungersi. -

    - Sei nella casina più bella dell'universo, mio piccolo Kirk, là dove tutti e nessuno sono mai giunti prima. Hai la bua al pancino? O alla testolina? -

    *Più la rossa si dimenava fissandolo da quel glaciale e rovente occhio azzurro, più l'altro interlocutore pareva freddo e inanimato. Fermo e impassibile, non batteva una palpebra neanche per un millisecondo. Continuava a fissarlo dall'ombra proiettata dai ciuffi di capelli che gli coprivano la fronte.*

    - Dai, ti prende male così? Se non ti sta bene... -
    - ...puoi pure andartene! -

    *Improvvisamente la rossa aveva cambiato aspetto. Era assurdo perché non aveva distolto lo sguardo, era scomparsa e al posto suo ora c'era suo padre. Con gli occhi celati perennemente da quegli occhiali scuri.*

    - Se lo vuoi, puoi rimanere qui, con me. - *disse freddo Shinji.*
    - Oppure vattene! - *riprese nuovamente Gendo.
    Era come se i due si stessero dando il cambio in quella che sembrava una scelta, un giudizio che avrebbe dovuto prendere. Due sole risposte: bianco o nero, positivo o negativo, sì o no, dolce o salato, resti o vai.
    Non capiva, iniziavano i pensieri a farsi sempre più confusi, ma uno in particolare ormai era chiaro nella sua mente.*

    - Esatto, questa non è la realtà, questo non è il tuo mondo. Quella è la realtà. - *Shinji indicò una delle finestre proprio quando il treno, come in un flash al contrario, entrò in una galleria e le finestre smisero di far entrare la luce arancio del sole morente. L'oscurità riempì il vagone, eccezion fatta per una delle finestre alla destra di quello che diceva di essere suo fratello.
    La finestra che indicava mostrava Art che stendeva il secondino con una gomitata allo stomaco per poi sparire dall'inquadratura e tornare subito dopo. Fissava in camera, muoveva le labbra ma non c'era l'audio in quella strana proiezione.*

    - Quindi quella era la realtà, non mi sono sognato tutto. Era reale? Era vero. E quella donna nuda... il mio... - *abbassò lo sguardo sulle sue parti basse, arrossendo di vergogna.*

    - Che stupido che sono. Era con te che dovevo parlare. - *Fissò suo padre, ma nel momento in cui posò i suoi occhi su di lui, il treno era uscito dal tunnel e la cabina era stata nuovamente inondata in un flash dalla luce del pomeriggio, e quello di fronte a lui non era più Gendo Ikari. Era il comandante Ryu Vegea. Allo stesso tempo era Art Saber. Allo stesso tempo era Ryoma Nagare. Allo stesso tempo era il suo professore delle medie. Allo stesso tempo era quel ragazzo di cui non ricordava il nome, che lo derideva sempre da piccolo. Allo stesso tempo era Shinji Ikari. Allo stesso tempo era l'unità Eva 01. Allo stesso tempo era Shouji Ikari.
    Fissò negli occhi dell'immagine che cambiava quasi senza sosta e senza senso in un'arcobaleno di persone che continuavano ad avvicendarsi ad una velocità pazzesca, così prossima a quella della luce che ormai si distinguevano tutti e nessuno.*
    - Diventerò più forte. - *disse deciso, in una via di mezzo tra una promessa e una minaccia.*

    - A che ti servirà la forza? - *rispose il suo interlocutore ancora seduto fisso di fronte a lui. Nonostante ormai non fosse più suo fratello, ma era di nuovo lui, Shouji.*

    - Se fossi più forte riuscirei a sopportare, se fossi più forte riuscirei a non soffrire, se fossi più forte sarei riuscito a difendermi. -
    -Ma tu una forza ce l'hai già. - *il suo interlocutore indicò ancora un finestrino, e questa volta riuscì a scorgere perfettamente la sagoma che si profilava all'orizzonte, contro il sole che man mano continuava a calare. Era l'Eva. Quello era il profilo dell'Eva, il lungo corno sul capo che solo l'Eva 01 aveva.*

    - Ma quella non è una forza mia! Mi è stata solo affidata! Se non sarò all'altezza me la porteranno via! - *cercò di dare un pretesto a quel suo sfogo infantile.*

    - L'uomo ha continuato a distruggere la Terra, cercando di cambiarla a sua immagine, eppure sarebbe stato assai più facile cambiare se stesso. Hai trovato la tua soluzione. Hai preso la tua decisione. Ora non ti tocca che rispettare questa promessa che ti sei fatto da solo. Un giorno dopo l'altro. Poco alla volta. Se vuoi cambiare, non devi fare altro che volerlo e il cambiamento dentro di te avverrà. Prendi pure la tua croce e continua il tuo cammino. -

    - La fa facile lui, non sa che ha a che fare con un moccioso, un piagnone, un vigliacco, una mammoletta, una femminuccia. - *la figura cangiante lo derideva con le voci di mille persone che si mescolavano. Non capiva più neppure se era un uomo, una donna, un bambino o un'anziana a dileggiarlo.*

    - Ti libererò, se non l'hai capito, brutto idiota! - *disse verso la figura cangiante che come una pellicola di un vecchio film giunto al termine, iniziava a rallentare le sue trasformazioni. Piano piano, fissandosi su solo tre figure, la sua, Art e suo fratello.*

    - Lo spero per te. - *disse come suo fratello.* - Lo spero per me. - *disse come se stesso.* - Lo spero proprio, principino. - *disse Art, l'Id, sedendosi accanto al Superego a gambe aperte, fissandolo in tralice dall'occhio azzurro. Poi tornò ad essere se stesso e mosse le labbra.
    Ma non riusciva a sentire.
    Un fischio aveva cominciato ad alzarsi, forte, sempre più forte. Sempre più potente a coprire tutto.
    L'altro continuava a parlare, gli diceva qualcosa di importante, lo sapeva, forse un consiglio, ma lui non riusciva a sentire. Il fischio del treno era troppo forte, troppo possente. Tanto da coprire ogni altro suono. Tanto da fargli male, una fitta a trapanargli il cranio.*

    [Oniric Mode Off]

    *Era sveglio. Il dolore era tornato. Le braccia, l'occhio, lo stomaco. Nella gola sentiva ancora il pessimo sapore acido della bile. La schiena gli faceva male ed anche il collo. Non ricordava bene perché.
    Accanto a lui c'era ancora lei, Art. Che lo stava fissando incuriosita con quel suo sogghigno un po' giocoso e un po' bastardo, con quell'aria di chi è pronto a dare e togliere per puro capriccio e diletto.
    Sembrava quasi un déjà vu. Lui si sveglia e lei accanto.*

    § Mi sono svegliato ed è questa la risposta? Era davvero tutto vero? Tutta quella follia era vera? La donna che piega le sbarre e malmena i miei compagni di cella? Sembra che il mondo sia più folle di qualsiasi sogno ad occhi aperti. §

    - Ah, mi sono svegliato davvero... - *disse con un filo di voce appena percettibile, proprio quando la ragazza stava dicendo qualcosa.*

    CITAZIONE (ryuvegea @ 28/10/2013, 20:57) 
    - ...e tu invece chi sei? Eh? Piccolo principino con manie da galantuomo? Parlami di te...-

    - Io sono Shouji, sono Shouji Ikari. - *puntò il suo occhio azzurro debolmente nel freddo e rovente occhio azzurro di lei.* - Scusa, se ho frainteso e farneticato. Devo essere impazzito per lo stress, le medicine, ma questa deve essere davvero la realtà. - *avvicinò la mano alla bocca e provò a morsicarsi. Sentì qualcosa, l'ennesimo stimolo che viaggiava lungo il sistema nervoso e andava a consegnare una lettera per direttissima al suo cervello.* - Già questo dolore è reale. Tu sei davvero qui. -

    *Chiuse l'occhio. In un momento di silenzio che sembrava infinito, nonostante fossero solo pochi attimi. Che faceva? Era svenuto di nuovo? Si era assopito? Quando riaprì l'occhio, lo sguardo non sembrava più quello di un debole ragazzino febbricitante. Sembrava uno sguardo fiero e deciso.*

    - Io sono Shouji Ikari, il pilota dell'Unità 01. Sono un ragazzo solo, sono una persona infelice, sono un essere imperfetto e debole. Sono un patetico essere umano. - *Proprio con l'accettazione di questa consapevolezza, credeva che avrebbe potuto cominciare il cammino del cambiamento.*

    § Devo cambiare, devo diventare più forte. Così come sono non va bene. Così come sono verrò abbandonato da tutti. §

    - Potrei chiederti ancora un po' d'acqua, mia cara?. - *Finì cercando di sorriderle.*

    Edited by Shinji Kakaroth - 29/10/2013, 19:52
     
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    - Ah, mi sono svegliato davvero...
    ...
    Io sono Shouji, sono Shouji Ikari.
    ...
    Già questo dolore è reale. Tu sei davvero qui.
    ...
    Io sono Shouji Ikari, il pilota dell'Unità 01. Sono un ragazzo solo, sono una persona infelice, sono un essere imperfetto e debole. Sono un patetico essere umano.
    ...
    Potrei chiederti ancora un po' d'acqua, mia cara?. -


    Era una delle cose più ironicamente divertenti che le erano capitate fino ad allora.
    Non solo quel ragazzino delirava come un pazzo, ma parlava pure come un vecchio!
    Era divertentissimo.
    Quantomeno era diverso dalla masnada di maschi stronzi che l'attorniavano in ogni dove.
    Le dava un certo senso di estraniamento parlare con lui, quantomeno le rendeva il soggiorno più interessante delle solite botte con cui si faceva riconoscere all'interno della base.

    - Certo tesoro! -

    Rispose chiudendo l'unico occhio a disposizione con aria serafica.
    Se non fosse stato per le sue condizioni vagamente gravi glie l'avrebbe ficcata in gola...
    la bottiglia.
    Era però troppo pericoloso ed il suo cervello le diceva che se l'avesse fatto avrebbe soltanto peggiorato le cose.
    E lei - che si era prodigata per salvargli il culo pochi istanti prima - di certo non voleva vanificare il tutto e prendersi l'ennesima strigliata da papino... beh, di certo non sarebbe stato contento al suo risveglio, di sapere che dei suoi uomini erano finiti malconci a causa sua e che il responsabile delle prigioni si era, come dire... "addormentato" una volta di troppo per colpa sua.
    Tralasciando questi inutili pensieri mosse la mano sinistra a cercare la bottiglietta d'acqua che aveva lasciato lì di fianco, per poi svitarne il tappo ed avvicinarla con la mano sinistra alle labbra violacee del ragazzino.

    - Su, bevi. -

    Il liquido a temperatura ambiente sarebbe stato come una manna dal cielo, l'ennesima, per colui che aveva espresso quella così accorata richiesta, ma aveva detto anche altro...

    Parlava di
    dolore reale,
    di essere
    solo,
    una persona
    infelice,
    un essere
    imperfetto e debole.
    Un patetico
    essere umano.

    Il suo pugno destro si strinse in una morsa, la stava guardando con quell'espressione pura e dolce, dicendo quelle parole con convinzione e determinazione.
    Lui non sapeva certamente il significato più brutale della parola
    dolore,
    non poteva nemmeno lontanamente comprendere il senso della parola
    solitudine.
    Cosa si provava ad essere veramente
    isolati da tutto e tutti,
    l'essere veramente
    infelici ed abbandonati dall'intero mondo.
    Di certo lui non era stato con lei.
    Di certo lui non aveva assaggiato la vergogna come l'aveva assaggiata lei.
    Di certo lui non era stato costretto a sopportare tutto quello che aveva dovuto sopportare lei per potersi definire così schifosamente
    piegato a novanta dalla vita.

    Lui la poté vedere rompersi...
    incrinarsi, tremare, fibrillare nel trattenersi da qualcosa.
    Voleva ucciderlo.
    Voleva privarlo della possibilità di sbattere addosso a
    lei
    quella pietosa condizione in cui lui era stato costretto a ritrovarsi.
    Il suo occhio si strinse, i suoi denti si digrignarono, i nervi del collo parvero quasi spezzarsi da tanto che le si gonfiarono nel vano tentativo di trattenere la sua bocca dall'azzannargli il collo e dal strappargli la carotide a morsi, proprio mentre stava bevendo, lasciando che una mescolanza di acqua e sangue la bagnasse negli istanti deliranti che ne sarebbero seguiti.

    ...

    Ma si trattenne.
    Si rilassò, infine.

    Terminò il contenuto della bottiglietta facendolo ingurgitare al suo Kirk preferito poco alla volta, lasciando il suo corpo violentato dalle proprie stesse emozioni rilassarsi respiro dopo respiro.
    Ne aveva il cazzo pieno - che fallica ironia - di rivivere istante per istante le proprie menate.
    Che diavolo.. poteva sostenere una fottuta conversazione senza lasciarsi trasportare dalla propria merda almeno un po'?
    Sorrise, abbandonando con lascivia la bottiglia di plastica all'interno della cella.
    No di certo.
    Ma volle crederci, mentre si rigirava dandogli le spalle, appoggiando la schiena contro il lato sinistro della brandina, lasciando le braccia rilassate lungo le gambe ora distese lunghe al suolo, proprio di fronte a lei.

    - Shouji Ikari, eh? Un nome tutto nippo il tuo. -

    Disse con tono stanco.
    Effettivamente era snervante trattenersi, più di quanto non lo fosse lasciarsi andare a quelle maledette immagini.
    Beh, un viaggio dallo psicologo della base lei se lo sarebbe fatto di sicuro, un PTSD grosso come una casa le si era infilato dritto su per il culo nel vero senso della parola... ed anche da altre parti direi!
    Quindi una certa voglia di farsi di marijuana e di dormire della grossa in camera di papino le era venuta veramente tanto.
    Restarsene da sola dopo quell'esperienza, dopo aver visto quel maledetto ragazzino sbatterle in faccia tutta la sua stramaledetta innocenza le aveva fatto venire l'acido allo stomaco, esatto, aveva mal di stomaco.
    Sorrise.
    Anche Papy soffriva di acidità di stomaco da stress... che ironia.
    Aveva più cose in comune con lui che con il suo patrimonio genetico!
    Era contenta, almeno di questo.
    Doveva solo resistere un altro po', prima di uscire nuovamente da quel buco fottuto e di ributtarsi a farsi gli affari suoi in giro per la base.
    O magari perché no, prima di andare a fare qualche missione in cui avrebbe potuto decisamente scaricarsi andando a massacrare qualche dannato bastardo terrorista.
    Ma i pensieri emo non le si addicevano, o quantomeno non voleva lasciarcisi troppo andare.
    Doveva pur mantenere un certo tono per salvaguardare la sua maschera immagine.

    - Pilota dell'unità 01? 01 di cosa? Che razza di pazzoide scellerato metterebbe alla guida di qualcosa un bel principino con una virilità tanto gagliarda come la tua? Mpf! -

    Sogghignò deridendolo sottilmente.
    La frangia di capelli ramati le era calata abbondante sul viso, mentre il suo intero corpo spossato dalla nevrosi che le violentava il cervello reclamava incessantemente il riposo, quello vero.
    D'improvviso si ritrovò incredibilmente stremata.
    Sia fisicamente che psicologicamente.
    Da se stessa.

    - Io piloto il Gundam Kyrios. Un vero dono di dio... -

    Questa volta era ironica verso se stessa.
    Com'era strana la vita a volte.
    Ti capita di deridere la persona che hai di fronte ed il momento dopo deridi te stessa per il significato del nome del tuo mezzo.
    Aveva un non so che di ironico tutto.
    La sua vita, la sua condizione, le sue manie, le sue voglie, i suoi sogni, i suoi incubi ed il bellissimo luogo dove si trovava.
    Se ci ripensava ancora le veniva veramente da ridere.
    Cazzo che giornata!
    Era così piena di emozioni che le scoppiava il cervello.
    Kyrios.
    Signore.
    Un significato tutto maschile per giunta,
    ma che per lei sapeva di rivincita.
    Fottuta religione.
    Anche in quella si perdeva nei suoi violenti deliri.
    Non c'era verso, eh?
    Voleva spegnere il cervello,
    abbandonarsi al buio di un sonno senza sogni.
    Voleva perdersi senza più tornare indietro piena di quelle maledette immagini.
    Voleva lasciarsi indietro tutto e tornare ad essere una normale studentessa.
    Ma lo sapeva, che non era possibile.
    Che non sarebbe più stata la stessa.
    Che nel suo piccolo e tragico mondo di donna tutto era cambiato.
    Così lasciò che il silenzio permeasse l'ambiente che li separava.
    Mentre lo staff medico sarebbe sicuramente arrivato a momenti.
    Mentre il suo cervello continuava a chiedergli incessantemente di essere spento,
    per evitarle di impazzire.

    Game MasterNote:
    Scusa ancora il ritardo, eccoci con il seguito!





    Edited by - Temari - - 12/10/2014, 22:58
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  14. Shinji Kakaroth
     
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    *Ancora una volta chiedeva un favore. Ancora una volta con voce roca e spezzata, fissando con l'occhio umidiccio e sanguigno Art, ormai l'unica presenza familiare che si era riuscita a consolidare nella sua mente.
    Non stava sognando, quel dolore era reale, quella donna era reale. Fatta di carne rossa, sangue rovente, capelli carmini, unghie beige e quel lungo tessuto cicatriziale più scuro della pelle che le correva lungo il corpo come un dragone nascente in ascesa verso il cielo.
    Continuò a concentrarsi sul dolore, che gli stava spezzando il corpo. Il dolore aveva due significati, gli avevano insegnato: il primo è fungere da campanello d'allarme, in modo che il nostro corpo non si sforzi più del dovuto o eviti determinate situazioni, il secondo era quello della crescita e rigenerazione, come il fastidioso prurito che si sente quando si ha una ferita e si ha l'assurdo desiderio di grattarsi via la crosta, oppure il formicolio di un arto rotto, che mostra la frenetica volontà del proprio corpo di ritornare quello di prima, rinsaldando le ossa e i nervi.
    Non aveva idea se il suo caso fosse il primo o il secondo, ma sicuramente c'era una Disneyland del dolore sparsa nel suo corpo, con le montagne russe nella sua testa, l'autoscontro nel suo stomaco, e diverse altre attrazioni sicuramente di altrettanta fama e interesse, che erano attualmente sempre aperte e con una coda bella lunga d'attesa.*

    §Che male...§

    CITAZIONE
    - Certo tesoro! -
    ...
    - Su, bevi. -

    *Ancora una volta il liquido scese giù per la gola, mentre il ragazzo l'ingollava avidamente, bagnandosi la lingua e il palato, prima di buttare giù. Nonostante non fosse l'acqua fresca che era abituato a tirare fuori dal frigo solitamente a casa sua, o forse sarebbe meglio dire a casa di sua zia, anche a temperatura ambiente sembrava quasi ghiacciata, forse a causa della sua temperatura interna. Sicuramente a causa di qualche reazione di anticorpi gli stava salendo la febbre e il viso stava iniziando ad arrossarsi leggermente. Le orecchie di contro erano gelide, anche se non le stava toccando con le mani, gli davano questa netta sensazione. Era riuscito a far svanire almeno in parte il sapore acido della bile e ferroso che aveva in bocca poco prima.*

    §Che male.§

    CITAZIONE
    - Shouji Ikari, eh? Un nome tutto nippo il tuo. -

    *Nippo... Jap... giapponese... cosa voleva dire? Lui non lo sapeva. Cosa vuol dire sentirsi giapponesi? Mangiare sushi con le bacchette? Quello lo può fare chiunque in qualunque nazione. Saper leggere e scrivere i kanji? Anche per quello ci sono tantissimi stranieri che sanno farlo come un mestiere. Allora cosa voleva dire essere giapponese? Appartenere al popolo giapponese? Non s'era mai fatto domande simili. Alla sua età non ce n'era bisogno. Non si è abbastanza maturi da sentire la necessità di avere un senso d'appartenenza alla propria patria. Alla sua età è già tanto se ci si preoccupa della propria famiglia, piuttosto della propria città, figuriamoci uno come lui, abbandonato e cresciuto nella menzogna. Ora qual era casa sua? Questa base dove veniva maltrattato e spinto di qua e di là come un burattino?*

    §Che male!§

    CITAZIONE
    - Pilota dell'unità 01? 01 di cosa? Che razza di pazzoide scellerato metterebbe alla guida di qualcosa un bel principino con una virilità tanto gagliarda come la tua? Mpf! -

    *Chi era lui? Era davvero il pilota dello 01? O era lo 01 a pilotarlo realmente? Forse l'Eva era ancora saldamente unito a suo fratello. Quindi era ancora suo fratello il pilota dell'Eva 01? Lui cos'era? Un mero sostituto? Un proxy, un avatar, un kagemusha di suo fratello per far partire l'Eva? Il capro espiatorio di suo padre, per pulirsi le mani di quel che potrebbe accadere d'ora in avanti?*

    CITAZIONE
    - Io piloto il Gundam Kyrios. Un vero dono di dio... -

    *Dio... un dono di dio... ma quale dio poteva davvero aver fatto tutto questo? Quale dio sano di mente aveva potuto infliggergli quella sconfitta, quel dolore. Quale dio giusto e corretto avrebbe lasciato ferire in maniera così orribile il corpo di quella giovane, che si stava dimostrando così gentile con lui.*

    - Dio... io non l'ho mai incontrato un dio. O almeno credo. A volte faccio dei sogni strani, e in quei sogni non so se a parlarmi sia dio, satana o è qualche stupido scherzo che alla mia mente piace farmi... ma un dio giusto non mi avrebbe fatto ridurre così... un dio vero non avrebbe lasciato che nessuno ti facesse quello...- *indicò con la mano tremante, quasi accarezzando il principio della cicatrice sulla spalla sinistra* - ...a una donna così forte... a una donna così bella... a una donna così gentile...- *la vista gli si stava leggermente appannando, o forse erano lacrime che sgorgavano dal suo occhio? Il liquido lacrimale scendeva caldo, mentre strizzava l'occhio, cercando in maniera imbarazzata di nasconderlo, sfregandoci su il dorso della mano buona.*

    -Devi aver sofferto molto anche tu, scusami se non faccio altro che compiangermi. Deve averti fatto maledettamente male.-

    *Provò a pensare a quello che stava provando e poi immaginarlo su scala industriale. Aveva una fortissima emicrania dietro all'occhio bendato che minacciava di trapanargli il cervello, il braccio destro che continuava a ricordare che dopo il cervello doveva fare i conti con lui, mandando continui impulsi, la schiena era a pezzi e sicuramente nella sua cassa toracica c'era qualcosa di perforato e spappolato, che come una bimba gelosa dei fratelli più grandi, stava cominciando a pestare i piedi per riuscire ad attirare l'attenzione dei genitori.
    Immaginò quale potesse essere il dolore del perdere un braccio... tentò di concentrarsi, per provare a ingrandirlo tanto, da squarciargli il corpo da parte a parte. Doveva trattarsi di un dolore straziante senza pari, al cui confronto il suo era appena un taglietto sul dito fatto con un foglio di carta. Eppure quella donna era lì, viva, solida e forte. Era così vicina da sentirne l'odore così forte...*

    -Sarebbe bello se fosse solo un sogno, se ci svegliassimo nel nostro letto, a casa nostra. Facessimo colazione, andassimo a scuola. Ripetessimo quella noiosa routine quotidiana pacifica così monotona quasi ogni santo giorno. Ci potremmo incontrare per caso su un treno e non ci riconosceremmo dopo aver fatto questo strano e pazzo sogno.- *la vista ancora annebbiata sembrava un allettante schermo su cui proiettare quel film che stava prendendo vita nella sua testa* -O magari ci rivolgeremmo la parola, diventeremmo amici. Ci frequenteremmo. Ci divertiremmo. Rideremmo. E poi torneremmo a casa. Ceneremmo. Andremmo a dormire. E così l'avventura della vita proseguirebbe... inalterata... con altri e bassi mediocri...-

    *Tornare indietro. Com'era possibile? Solo se quello fosse tutto un sogno. Ma la verità era quella realtà dolorosa e triste. Doveva accettarlo.*

    -Ma sto solo vaneggiando, vero? E' questa la vera realtà, giusto? Quella dove delle ragazze finiscono ferite a quel modo e dei ragazzini vengono mandati a fare il lavoro dei grandi.-

    *Si asciugò di nuovo le lacrime, sentendo qualcosa dentro che gli attanagliava il cuore e non sapeva se era qualcosa di fisico o soltanto una sensazione. Posò di nuovo lo sguardo sul crine della ragazza, quei capelli baciati dal fuoco così vivi e indomiti. Voleva accarezzarli per capire se fossero morbidi o talmente tanto appuntiti da fargli sanguinare la mano ed attingere dalla ferita per acquistare un colore ancor maggiore. Allungò la mano tentando d'accarezzarle il capo e scoprire la risposta alla sua domanda. Sarebbe bello se avesse avuto una sorella maggiore come lei, ma appena questo pensiero gli balenò nella mente, fu come se gli comparisse davanti il volto del fratello.*

    CITAZIONE
    - Se lo vuoi, puoi rimanere qui, con me. -

    *Un flash... non aveva mai parlato con suo fratello... o meglio, suo fratello non era mai stato in condizione di parlargli, da quando l'aveva incontrato per la prima volta. Eppure non ricordava neppure lontanamente da dove venisse quel ricordo. Ma era davvero un ricordo o solo una mistificazione della sua mente?*
    Ok, dopo qualche settimana di riflessione, finalmente è tornata l'ispirazione! XD
    Però rileggendo i post più vecchi mi sento quasi arrugginito! -_-;;;;
     
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13 replies since 29/7/2010, 21:14   798 views
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